Il nulla può solo essere vuoto, oppure un’incredibile pienezza. Può essere negativo o può essere positivo; se è negativo, è simile alla morte, all’oscurità. Le religioni l’hanno definito l’inferno. È inferno perché non vi è né gioia né canto; non vi è il battito di un cuore o alcuna danza; non ci fiorisce nulla, nulla si apre alla vita. Si è semplicemente vuoti. Questo nulla “vuoto” ha creato nella gente una paura profonda; ecco perché, specialmente in Occidente, Dio non è mai stato chiamato “il nulla”, fatta eccezione per alcuni mistici come Dionigi, Eckhart, Boehme, che però non rappresentano la corrente principale del pensiero occidentale.
L’Occidente ha sempre concepito il nulla in termini negativi, creando quindi una profonda paura di questo stato, e ancora si continua a dire alla gente che una mente vuota è la fucina del diavolo. L’Oriente, invece, conosce anche l’aspetto positivo del nulla, e questo è uno dei massimi contributi alla consapevolezza umana. Il Buddha scoppierebbe a ridere sentendo affermare che il vuoto è la fucina del diavolo, e direbbe: «Solo nel vuoto, solo nel nulla essenziale può accadere il divino». Ma si riferisce al fenomeno positivo. Per Gautama il Buddha, per Mahavira, per la lunga tradizione dei Maestri Zen e dei taoisti, il nulla (nothingness) indica semplicemente “assenza di cose” (no-thing-ness): ogni cosa è scomparsa, e in seguito a questa sparizione è rimasta una pura consapevolezza.
Lo specchio è privo di qualsiasi riflesso, tuttavia esiste; la consapevolezza è priva di contenuti, tuttavia quella consapevolezza esiste. E quando era ricca di contenuti, era così carica di cose da non poter neppure essere riconosciuta. Una consapevolezza piena di contenuti è ciò che chiamiamo mente; una consapevolezza svuotata da qualsiasi contenuto è ciò che chiamiamo nonmente, o meditazione. Il fine della meditazione è creare il nulla dentro di te, ma questo non ha nulla a che vedere con un’idea negativa: è pieno, è stracolmo, al punto che inizia a straripare.
La meditazione non è altro che il metodo per scoprire i lati positivi del nulla, le sue qualità positive. Meditare significa abbandonare il contenuto della mente molto coscientemente, sapendo che lo si sta lasciando andare. E quando si è lasciato cadere tutto, all’improvviso ti rendi conto che ogni cosa è scomparsa ma che tu sei – e sei più ricolmo che mai, perché tutto il pattume che ti portavi dietro stava semplicemente riempiendo il tuo spazio. Adesso tutto quello spazio, l’intero cielo è a tua disposizione, e il tuo cuore può schiudere i suoi petali. In Oriente lo chiamiamo “il loto dai mille petali”.
Tratto da: Guida Spirituale, Capitolo 11 Disponibile in italiano: Il circolo virtuoso
Qualsiasi successo è solo uno sforzo per coprire il fallimento. Esiste un unico successo, non ce ne sono molti – e quell’unico successo è conoscere se stessi, essere se stessi. Puoi avere denaro, puoi avere fama, puoi avere prestigio, ma se non sei, che importanza può avere? Puoi possedere il mondo intero, ma se non sei, che senso ha? L’intero conflitto della mente umana è tutto qui. Queste sono le due direzioni: avere ed essere. In Occidente si è lavorato strenuamente per avere di più; in Oriente abbiamo lavorato strenuamente per essere di più. Occorre comprendere qualcosa di importante. Ogni epoca crea il proprio mito con cui vivere. Il mito moderno è quello della persona completamente analizzata.
Le persone cercano di analizzarsi completamente, nella speranza che, grazie a un’analisi completa, possa nascere la gioia. Non accade. Perfino Sigmund Freud, il fondatore della psicanalisi, non era un uomo felice. E se non è accaduto al fondatore, non accadrà a nessuno. L’Oriente ha operato in modo del tutto diverso. L’Oriente dice che la mente non deve essere analizzata, si deve uscire dalla mente. E la meditazione è questo. La meditazione è l’esatto contrario dell’analisi. Meditazione significa questo: vedendo che la mente è sconfinata, non è affatto necessario preoccuparsene – ne puoi uscire. Tu non sei la mente – perché entrarci? Ne puoi scivolare fuori. La mente resta al suo posto, ma tu ne sei fuori; e quando ne sei uscito, sei il padrone della tua mente – in quel caso la puoi usare, a quel punto non ne sarai più usato.
Quando ne sei diventato consapevole, scordati dell’analisi e cerca qualcosa di totalmente diverso – quello è meditazione. Meditazione non vuol dire che devi pensare alla mente – ne devi uscire. La meditazione è una fuga dalla mente: crea una distanza rispetto alla mente, ne è una trascendenza. E nel momento in cui ti ergi al di sopra della mente, ne sei lontano, distaccato, un osservatore sulle colline, le cose sono del tutto diverse. In quel caso, quei problemi non sono più rilevanti. Quando ne sei invischiato, sono rilevanti. È come avere un sogno, un incubo, nella notte, ed esserne veramente ossessionato.
Un leone ti segue e tu corri e corri, e il leone si avvicina sempre di più, attimo dopo attimo; ne puoi sentire il fiato sulla schiena… è terribile! E inizi a salire su un albero, e il leone si arrampica a sua volta – perché in un sogno tutto è possibile. Il tuo cuore batte all’impazzata, tutto il tuo corpo sta sudando. E quando arrivi in cima all’albero, anche il leone è lì con te. Un urlo ti scuote, e a causa di quell’urlo ti svegli. All’improvviso ti metti a ridere, sebbene il tuo corpo stia ancora tremando e il tuo respiro non si sia acquietato, e il tuo corpo stia sudando… la tua fronte è ancora madida di sudore. Ma adesso ti metti a ridere: ridi di tutta quella storia, della sua ridicolaggine… era soltanto un sogno. Cos’è successo? Solo un istante prima ne eri coinvolto. Non era un sogno perché tu eri partecipe, ne eri identificato, pensavi fosse una realtà. L’idea che fosse reale ti stava facendo impazzire. Ora che ne sei fuori, distaccato, attento e presente, puoi vedere che era solo un sogno.
La mente è un sogno – a volte molto dolce e a volte un vero incubo. Ma è un sogno.
Tratto da: Sufis: The People of the Path, Volume 2 – Capitolo 10